Archivi del mese: febbraio 2011

In formazione: #1

Novità della giornata: una bella gita nella sede milanese della Banca Indifferente per partecipare ad un’esaltante richiamo formativo nell’ambito della “bancassicurazione”. Quindi, dopo la sveglia all’alba (normale amministrazione) e dopo essere salito in treno praticamente dal finestrino, eccomi nella metropoli: il solito stravagante impatto con la  popolazione metropolitanpendolare e la solita overdose di frenesia.

Poco dopo lo sbarco sono in aula (ritardo accademico); mi sistemo strategicamente nella retrovia: tra i saluti e le scuse (le mie), lo zelante docente mi invita immediatamente alla firma di presenza (ok…). Solo dopo essermi accomodato mi accorgo di essere in compagnia di colleghi della mia area, alcuni dei quali più in ritardo di me: mi rincuoro.

Il docente è un ex promotore finanziario, pentito della scelta, folgorato sulla via di Damasco e convertitosi alla formazione assicurativa: lui ne fa un motivo di  vanto, io non ci trovo niente di molto più nobile di quello che faceva prima. Contento lui.

Il tema trattato, non è di certo leggero e la soglia dell’attenzione crolla miseramente dopo circa una tre quarti d’ora; tra una polizza ed un infortunio, nell’aula inizia un sommesso tramestio, in un crescendo, lento ed inesorabile di  messaggi, mail, cellulari, gente che finge improvvisi pensieri pesanti (mano sulla fronte, occhi chiusi, il tutto raccolto in pochi secondi, tanto per non dare troppo nell’occhio), sino alla pausa caffè.

Le prime file, per forza di cose, sono attentissime, anche se in cuor loro maledicono la scelta azzardata, ripromettendosi di andare in ultima fila (se non proprio fuori dall’aula) al prossimo corso (domani, ndr).

Grandissima novità della giornata: lavori di gruppo! il lodevole tentativo di innalzare il livello della concentrazione, purtroppo finisce miseramente (e come sempre) nella solita nomina dello speaker ufficiale che si sobbarca l’onere della soluzione/presentazione del caso. Nessuno si sente vessato perché tanto sa che è una ruota che gira: oggi a me, domani a te. Questa è democrazia.

Nel pomeriggio (dopo un veloce pranzo al bar che fa molto business/metropoli) il docente pentito dimostra grande empatia col pubblico e propone un infilata unica, senza pausa, in modo da liberare la stanza prima del previsto: ovazione del pubblico. In evidenza un gelo polare che dalla metà mattina ha avvolto l’aula: mossa strategica per non farci rilassare troppo o drammatica rottura del riscaldamento? entrambe le ipotesi sono valide.

La giornata In Formazione si conclude: considerando che saranno almeno 4 anni che faccio questo corso (ultima volta a ottobre ultimo scorso) non è andata poi neanche tanto male.

Nota sul rientro: pioggia a dirotto e 20 minuti di ritardo del treno; e domani si ricomincia!

La stessa barca

Oggi ho avuto modo di sperimentare in prima persona il concetto di spirito di squadra e la filosofia dell'”essere tutti sulla stessa barca”.

Il motivo del contendere è stato una pratica di rinnovo del fido di conto di uno storico cliente della filiale; come dice la parola stessa, l’essere uno storico cliente vuol dire essere sostanzialmente regolare e corretto, altrimenti non ci si arriva ad essere storici. Ebbene, un giovane (in termini professionali ed anagrafici) e zelante analista mi ha intrattenuto amabilmente sul concetto di “sostanziale soglia di  povertà espressa dalla documentazione reddituale del cliente”; a quel punto gli ho fatto gentilmente notare che uno tanto povero non è, se ha immobili per svariate centinaia di migliaia di euro, ma il nostro eroe si è inalberato, partendo per tangenti di alta cultura finanziaria, che tralascio per pudore.

Il sottoscritto, in qualità di vecchio (anagraficamente e professionalmente) gestore, lo ha lasciato sfogare poi l’ha condotto per mano lungo la via della ragione. L’episodio, al di la di un’inutile ostentazione di superficialità, si presta ad un ragionamento più ampio sul concetto del su citato lavoro di squadra; ritengo che tutti si debba, sempre e costantemente, imparare e che una delle principali fonti di apprendimento sia proprio il confronto; ritengo, altresì, che ogni “reparto” della banca debba seguire la linea di condotta derivante dal ruolo, ma non si dovrebbe mai (mai!) ritenere di essere superiori, in termini professionali intendo, ad altri solo per il ruolo ricoperto. L’esempio di  oggi mi ha fatto riflettere sul fatto che, se le stesse obiezioni fossero state poste in modo costruttivo, cercando una soluzione collaborativa e proficua per entrambe le funzioni (commerciale / crediti) e dimostrando un minimo di volontà di creare questo famoso clima collaborativo, molto probabilmente non si sarebbe arrivati allo scontro verbale (pur sempre nell’ambito “civile”).

Credo che, dalla prossima settimana,  presterò molta più attenzione alle modalità con le quali interagiamo all’interno dell’istituto: sono davvero interessato a tenere monitorate le modalità di relazione tra colleghi; sicuramente emergeranno interessanti spunti di dibattito.

Per ora mi sembra che, se siamo tutti sulla stessa barca, qualcuno sta remando, mentre altri stanno prendendo il sole. Buona navigazione a tutti.

Stanno scendendo dal pero

Il tema delle condizioni (spese, tassi) proposti/offerti alla clientela è un tema che, come avrete notato, risulta essere ricorrente in questo blog; ritengo, infatti, che in un periodo come quello in cui viviamo, sia uno degli elementi fondamentali sulla base del quale la clientela decide se rimanere o migrare verso altri lidi.

In questo contesto la Banca Indifferente, sino a poco tempo fa, ha mantenuto una sorta di “snobberia”, di algido distacco dalle lotte per la sopravvivenza, che altri istituti stavano iniziando ad ingaggiare; dico sino a poco tempo fa in quanto da qualche settimana è iniziata una nuova fase di “apertura”, ossia, in parole povere, stanno finalmente scendendo dal pero; c’e’ bisogno di essere molto più competitivi perché l’acqua è poca e la papera non galleggia!

Che ci crediate o no questo è un sollievo anche per chi lavora nelle filiali, perché, non mi stancherò mai di dirlo, la faccia la mettiamo noi e quando non sappiamo con cosa contrastare le proposte di altre banche (anche e soprattutto di quelle più piccole) il lavoro diventa oltremodo frustrante. Senza contare che comunque “la principale responsabilità è sempre quella della rete e dei gestori”: ci mancherebbe che sia colpa di manager con una miopia commerciale degna di una talpa; non entro nel merito delle grandi politiche economiche bancarie, perché è un terreno che non conosco, ma penso che sia sempre valido il buon vecchio detto “meglio poco che niente”, ossia meglio guadagnarci poco piuttosto che perdere il cliente (ed essere cazziati, ma questo vale solo per noi che siamo sul territorio).

In generale, credo si possa dire che le banche si stanno necessariamente ammorbidendo, almeno sul lato costi (nelle varie accezioni) e questo è un bene per la clientela; ritengo invece che un argomento scottante e sul quale ci sarà parecchio da discutere sarà sul lato credito: rigidità e attenzione nei prestiti e fidi saranno ancora per un pò di tempo elementi con cui fare i conti, ma ne riparleremo.

Intanto: giù dal pero e di corsa.

Casi clinici: #1

Si inaugura oggi una rubrica che andrà a raccontare i più delicati casi clinici quotidiani che si manifestano in filiale; premetto che non vi sono intenzioni scientifiche anche se alcuni di essi saranno sicuramente oggetto di studi da parte di equipe medico/psichiatriche.

Caso schizofrenico della giornata n.1:

dopo una lunghissima agonia viene finalmente prodotto il famigerato Piano Ferie: sembrava di dover pianificare lo sbarco in Normandia. Mail convulse hanno solcato i cieli della rete locale, le telefonate di sollecito si sono sprecate; proprio nel momento in cui tutti eravamo allineati e pronti arriva all’improvviso il dramma: si sono ricordati che il 17 marzo è diventata festa nazionale! Il servizio del personale è entrato nel panico ed il sistema di pianificazione  nuovamente tutto da pianificare; grande delusione, ennesima rottura di palle ed una certezza: poche idee ma confuse!!

Evviva.

Caso schizofrenico della giornata n.2:

il Grande Capo partorisce, totalmente  in solitaria ed in un luogo segreto (si pensa nel bagno di casa sua), un’idea geniale: organizzare una serie d’incontri con esponenti degli uffici centrali, in date prefissate, destinati a supportare la rete in caso di necessità. La rete attualmente non ha “casi di necessità” da esporre (bastava poi chiederlo visto che siamo quattro gatti) ed il Grande Capo s’incazza perché lui ha avuto l’idea geniale e noi non siamo stati in grado di capirla; conseguentemente ha iniziato un giro di telefonate al fine di fare emergere “casi di necessità” utili a non fargli fare una figura del piffero. A questo punto alcuni “casi di necessità” sono emersi e la faccia del GC è salva.

Evviva.

Chiamate il 118.

Videocrazia

Apparire; quando i fatti non corrispondono alle promesse allora bisogna apparire; sembrare convincenti e convinti, diffondere fiducia, propagandare ed “attirare della nostra parte”. In questi giorni ne abbiamo diversi esempi. I nostri dirigenti non vogliono essere da meno: eccoli quindi apparire con sorrisi a 50 denti ad elargire ottimismo e “spirito di squadra”.

Il vero problema, che ostinatamente cercano di coprire, è che la base di chi lavora, di chi ci mette la faccia quotidianamente, è ormai stanca e nauseata dai proclami; il vero problema è che in un ambiente che si è progressivamente deteriorato, dove la fiducia nel management si è ridotta ai minimi termini (davvero i minimi storici), qualunque cosa possano dire viene percepito come l’ennesimo tentativo di mettercelo in quel posto, anche se con molto spirito di convincimento.

Propagandare la forza di una squadra, sostenere il concetto dell’uniti si vince (Morandi docet) funziona solo quando alle parole corrispondono i fatti: ma cosa sostieni se non esiste un benché minimo straccio di coaching!?;  è così difficile capire che bisogna motivare senza minacciare? la risposta è si quando non si è in grado di essere autorevoli. Perché essere autorevoli vuol dire essere pronti a rispondere concretamente alle esigenze della rete (se ti chiedo “è bianco?” non mi puoi rispondere “c’è il sole oggi”: che cazzo centra?!); vuol dire essere in grado di governare i risultati senza richiedere macchinose “autocertificazioni” sulla produzione giornaliera; vuol dire essere pronti a dire mettersi in gioco e a cambiare rotta se la strada presa risulta sbagliata (e vi posso garantire che lo si capisce molto prima dell'”ormai è troppo tardi”). Dopo e solo dopo ci potrà essere la pretesa di un risultato.

La cosa che maggiormente mi preoccupa è il progressivo appiattimento della linea di tolleranza: si sopporta la quotidiana dose di ipocrisia verbale con noncuranza e fatalismo…..ed è a questo che bisogna reagire, perché è su questo che i dirigenti contano per ottenere i massimi risultati con il massimo sforzo (nostro); per quanto riguarda la mia filiale (che rappresenta comunque un microcosmo della banca) ci stiamo impegnando a contrastare, per prima cosa, l’inerzia di chi sta immediatamente sopra di noi (un passo alla volta) con domande, proposte, obiezioni ed idee quotidiane. Noi pensiamo che nonostante tutto ne valga la pena, almeno per dare un senso alla giornata lavorativa e per uscire alla sera convinti di aver fatto qualcosa di valido.

Il leone in gabbia

La cosa che fa più imbestialire il direttore generale è la consapevolezza di essere un leone in gabbia; si rende conto che finché non dimostra di saper fare risultati strabilianti, oltre alle sue stesse forze, sarà confinato in questo esilio, dentro un recinto troppo piccolo per le sue aspirazioni.

Egli si circonda di uomini piccoli, yes men pronti all’inchino o all’applauso, alla standing ovation, per le sue performace in convention autocelebrative; gli altri no, non lo capiscono: una parte di loro sono burattini, un’altra parte sbadiglia mentre ammira il cellulare e una piccola parte s’indigna davanti al vuoto che si sta creando (e dentro al quale siamo caduti inconsapevoli),

Vi parrà strano, ma dentro alla banca vive uno spirito di squadra ed un attaccamento “alla maglia”: forse non in tutte, forse d’intensità diversa, ma c’e’ e nella Banca Indifferente si sta sciogliendo, sta sfumando come la nebbia. Non è certo un leone in gabbia che ci serve per riprenderci la voglia di fare meglio degli altri. Non è certo con il machismo commerciale che si rianimerà una rete asfittica e demotivata. I proclami di “squadra vincente” sono solo pennellate di vernice su di un muro che cade a pezzi.

La chiave di volta, incompresa e incomprensibile ai vertici, è rappresentata dalla soddisfazione di chi sta nelle filiali e badate bene che non parlo solo di aspetti economici: servirebbe semplicemente ritornare a far sentire che la direzione è una, in tutti i sensi e per tutti; servirebbe concretezza nel supporto a chi sta sul campo, evitando inutili proclami mediatici sul “quanto siamo bravi”; ormai tutti hanno le stesse idee, le stesse strategie e gli stessi strumenti: la differenza sta nell’energia che viene profusa nel metterle in pratica.

Buon fine settimana.

 

Notizie dal fronte: underpressure vs depression

La situazione è delicata, l’aria è tesa, i nervi sono a fior di pelle; i Generali riuniti in gran consiglio hanno decretato lo stato di allerta: la Banca Indifferente affronta uno scontro terribile, sanguinoso, senza prigionieri. Le prime avvisaglie si sono avute ieri, quando i tamburi battevano il segnale di pericolo. Il primo nemico da abbattere era insidioso, nasceva dall’interno: quei traditori, smidollati dei dipendenti non avevano ancora pensato alle ferie; pertanto, si era reso necessario un muscoloso richiamo all’ordine: mail, telefonate, solleciti.

Questa spregiudicatezza è stata prontamente stigmatizzata dal sindacato che con maschia indignazione ha redatto un bigino del bravo impiegato sul “come inserire le ferie”.

Oggi, quando ancora le macerie della rivolta stavano fumando, un altro squillar di trombe ha destato il nostro stupido torpore di gente che lavora: le maglie della rete si sono allargate, il cliente, vile traditore, si guarda attorno e cerca di sfuggire; o forse no….forse è solamente un incubo del DG (direttore generale – ndr)…..comunque i servizi segreti sono stati immediatamente allertati: la marmaglia giù nelle filiali deve essere pungolata a dovere! e ridai con mail, telefonate e solleciti.

Il DG si agita, questo fa agitare il Vice DG che a sua volta mette l’ansia al GC (vds Dialoghi surreali) che in preda al panico invita “tutti ad essere allineati a quanto richiestoci”: la pena sono dure bacchettate sulle nocche.

A nulla vale il far presente che ci stiamo facendo un gran culo e che non c’e’ alcuna emorragia di clientela, tutto è nella norma e sotto controllo.

“Tutti allineati a quanto richiestoci”

“Si ok, certo, ma guarda mi occorrerebbe che mi migliorassi quella condizione, così il sig. X fa con me il mutuo”

“Tutti allineati a quanto richiestoci, tenere duro sulle condizioni”

“Ovviamente, ci mancherebbe; ci conto quindi per la quella condizione?”

“Tutti allineati a quanto richiestoci”

A questo punto non mi sento più allineato con me stesso e prima di cadere underdepression allineo una serie di vaffanculo liberatori e catartici. Dopo, sulla scia dell’unità d’Italia, intono in filiale l’Inno di Mameli: “Stringiamci a coorte”  signori, resistere, resistere, resistere.

Priorità

La situazione economica è difficile e pericolosa, le aziende si trascinano, il lavoro latita per tutti; in questo cupo contesto c’e’ un tema che la Banca Indifferente sta seguendo con apprensione ed estrema attenzione: il credito? no; la riduzione del costo dei conti correnti? no, no; azioni a sostegno delle famiglie/imprese? ma neanche per sogno.

La Banca Indifferente ha deciso di avviare un’intensa campagna di rottura di palle…. sulle FERIE.

Prego tutti i lettori eruditi in materia di finanza bancaria a non scartavetrarmi con tematiche di convenienza, di costi o altre amenità in quanto, in tutta franchezza, non me ne può fregare di meno: so solo che non è possibile essere controllati/sollecitati sulle tempistiche di inserimento del piano ferie perché abbiamo altro da fare e che cavolo!! oltretutto sono così mammalucchi da rilasciano circolari che violano palesemente le regole sindacali e quindi ci si mettono, appunto, anche i sindacati a voler mettere in guardia noi poveri ingenui dipendenti contro i rischi di “indebite forzature”: grazie ma lo sapevamo già; inviterei lorsignori a maggiore attenzione ad altre tematiche nelle quali il rischio di farcelo mettere nel lato B è assai più alto.

Quindi si parte con il grande valzer degli incastri!! si formano capannelli di colleghi (rigorosamente suddivisi per area funzionale) che discutono animatamente; nascono i terribili mercati neri dei giorni…..

“dammi la prima settimana di maggio e ti prometto che ti lascio la terza di luglio”

“noooo l’anno scorso l’avevi promessa a me”

” ma come io manco sia la prima di maggio che la terza di luglio”

“noooo mia moglie non ha le ferie”

“noooo chi mi tiene il gatto”

a volte la situazione sfugge di mano; le pause pranzo diventano momenti da mezzogiorno di fuoco: tra una piatto di pasta e una bistecca ci si guarda in cagnesco brandendo minacciosi grissini; la pausa caffè sembra un ritrovo di carbonari; tutti hanno paura di fare la scelta sbagliata. Bisogna capire che serve calma e dedizione per assemblare le ferie; programmarle male è un pò come esserne ritornati: già stanchi e col bisogno di andare in vacanza…..

Comunque l’azienda non si preoccupi: le ferie le facciamo tutte, anche solo per stare a casa a leggere in poltrona (cosa che, con due figli, sarebbe già un fatto di per se eccezionale).

Lento lamento

Lavorare è già di per se problematico: questo è un fatto. Lavorare in banca è diventato molto problematico: questo è un altro fatto. Lavorare in banca con qualcuno che rompe i coleotteri perché è stanco di lavorare in banca è un autoflagellazione alla Tafazzi. I rapporti sempre più tesi con la dirigenza hanno indubbiamente incrinato il clima aziendale, ma non per questo dobbiamo triturarci le palle con le lamentele di uno solo.

Peraltro non conta fargli presente che, alla fine della fiera, siamo tutti dentro lo stesso calderone e quindi, almeno nell’ufficio (ove peraltro siamo in quattro gatti) occorre stare uniti e fare squadra: se si deve contestare qualcosa, almeno facciamolo in modo costruttivo no? no….non serve a nulla….e quindi lamentiamoci per niente.

Il rischio che si corre, nel lavorare in un ambiente dove prolifera il “polemico”, è che ci si tende ad assuefare alla lamentazione e lentamente, s’insinua l’idea che in effetti tutto sia uno schifo; si rischia di non vedere soluzioni alternative a problemi che sono assolutamente reali. Se ad esempio aspettiamo una settimana per avere una risposta dall’ufficio crediti su una pratica e ci si rassegna (lamentandosi) perché tanto “quelli la sono i soliti deficienti”, i giorni da sette diventeranno otto/nove: quando sento tutte queste storie mi girano e dico “chiamali allora no!!! chiama e incazzati! facciamogli sapere che abbiamo fretta!”; la risposta, solitamente, è “eh ma tanto cosa cambia?”

Cosa cambia. Cambia che alla fine chiama sempre lo stesso: e questo è un altro errore.

Non cambierà mai un maledetto accidente se non proponiamo qualcosa di nuovo oppure critichiamo in modo costruttivo quello che non ci va bene e ognuno lo può fare, nel proprio ambito: oggi anche in un ambiente ingessato come la banca c’e’ la possibilità di proporre; e chi se ne frega se non ti ascoltano: almeno avrai la soddisfazione di dire “io l’avevo detto”.

E soprattutto non snerverai oltremodo i beneamati colleghi.

L’ideale

Nel settore bancario, così come in tanti altri ambiti, si sta sentendo parlare, sempre più spesso, di uniformità dei comportamenti: la priorità è quindi quella di definire uno standard di prodotto, ne più ne meno che una specie di catena di montaggio del servizio alla clientela.

Questa uniformità ha come principale obiettivo quello di arrivare ad uno standard di prodotto che massimizzi il risultato (cliente soddisfatto che porta affari) minimizzando il rischio (cliente insoddisfatto che cambia banca). Per quanto ovvio la riduzione del rischio è un obiettivo che la banca persegue anche sul lato “rischio operativo” ossia si tutela dai possibili danni materiali che il dipendente creativo potrebbe creare nell’ambito delle sue performance lavorative: si tenga conto che anche nel nostro ambiente, che pare così serio e formale, ci sono dei pagliacci da fare invidia al circo Togni. Ecco quindi la necessita di ingabbiare i comportamenti.

Giunti  a questo punto vi starete chiedendo dove diavolo voglio andare a parare; posto che neanch’io lo so bene, posso dire che questa sera, sulla via del ritorno (garantisco che è una long way home, come cantavano i buoni Supertramp), ho pensato di gettare le basi per una sorta di grande sondaggio dal quale mi piacerebbe emergessero le caratteristiche che la clientela vorrebbe vedere in un bancario/referente/gestore, qual dir si voglia, modello!

Quindi, io parto con alcuni caratteri che ritengo essere più in voga, chi vorrà potrà aggiungerne dei nuovi, sperando di trovare la formula perfetta per “il bancario dell’anno”. Questo lavoro non è fatto invano: l’elenco entrerà davvero in banca; quella dove lavoro.

Le caratteristiche del bravo bancario:

Cortesia: gentilezza. Cerchiamo di non essere Cerbero a guardia del girone infernale (cosa che, peraltro, sembra la filiale in certe giornate………). Mi hanno sempre detto “i problemi li lasci a casa”…non è così semplice, ma in effetti i clienti mica ne hanno colpa;

Educazione, tatto, gentilezza, come volete voi. Signori, il tatto e l’attenzione a chi abbiamo davanti  non è una cosa scontata: è terribile dire a qualcuno “possiamo darle una mano” e accorgersi che gli manca davvero oppure  dire “diamoci un occhiata” al cliente monocolo. Ragazzi capita davvero….

Competenza: ovviamente non siamo Pico della Mirandola, ma almeno cerchiamo di non dire palesi cazzate, un onesto “mi devo informare” fa più bella figura e non da fastidio come il rumore di unghie sul vetro; e’ importante conoscere ciò che vendiamo (ancora cosa non scontata) sia perché è una questione di professionalità sia perché alla clientela moderna prude spesso la mano e non vede l’ora di reclamare.

Rapidità: …possibilmente prima del prossimo anno…..

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Intanto che pensate alle caratteristiche del bancario, guardate cosa succede a questo, quando si trova davanti un cliente come Benigni.

Au revoir.