Ogni mattina compio il mio atto di fiducia nei confronti della banca indifferente: arrivo di buon’ora e penso che sarà la giornata nella quale buona parte del cartame (quasi catrame) che ricopre il misero spazio della mia scrivania, verrà smaltito, grazie anche e soprattutto, all’inevitabile senso di squadra che animerà i colleghi degli uffici centrali (oltre al copioso olio di gomito del sottoscritto). Ebbene, immancabilmente la mia fiducia risulta mal riposta.
Un esempio
Una pratica di finanziamento aziendale finita male e girata a sofferenze (una pratica è girata a sofferenze quando proprio non ci si cava un ragno dal buco ed i soldi la banca li vedrà con il binocolo); non potete immaginare quanta carta circoli nel prima, nel durante e nel dopo di tale infausto avvenimento. Solitamente vi sono due uffici che fungono da collettori di tutta questa cellulosa (un terzo della foresta amazzonica gira sulle scrivanie dei bancari) e questi due uffici dovrebbero essere i referenti per tutti coloro i quali, nella banca e nel gruppo, dovessero necessitare di informazioni sul rapporto malandato.
Ebbene, se credete che un terzo ufficio di qualsivoglia natura e tipo, ovviamente interno alla banca, che possa avere bisogno di informazioni sulla sofferente, debba rivolgersi a uno dei due summenzionati staff, ecco, vi state sbagliando di grosso. Perché la banca indifferente è un sottomarino, funziona a comparti stagni, una mano non sa quello che fa l’altra (testuali parole di un collega che dovrebbe rappresentare la direzione centrale), ma aggiungerei che un neurone non sa quello che fa l’altro; dicevamo che il sottomarino nel quale viviamo (più o meno giallo che sia), fa si che alla fine tutto ricominci daccapo. E la filiale riprende a fotocopiare roba trita e ritrita cento volte anche per il terzo ufficio, ove lavora gente che si scoccia se si sente dire “ma l’ho mandato all’ufficio X diverse settimane fa e prima ancora lo avevo mandato all’ufficio Y, che dovrebbe avere scannerizzato tutto, possibile che non riusciate a recuperare niente?”.
La risposta piena di senso di collaborazione e responsabilità è sempre: no.
E quindi perdi con tutta tranquillità la certezza di fare quello per il quale ti eri svegliato oggi; sperando che il domani sia migliore, ma domani è uguale ad oggi.
A conclusione di tutto ciò, fisso il primo pilastro per il grande salto della banca indifferente: organizzazione, termine desueto, ma che riabiliterei quel tanto che basta per smettere di rompere le palle a chi lavora in filiale.
Pazza idea.